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Sunday 13 November 2011

Caustiche precisazioni

Ci terrei ad aggiungere solo due parole sugli eventi di ieri sera e i festeggiamenti a spumante. Dunque, la bottiglia si è stappata, sono la prima ad averlo fatto, ma vorrei sottolineare che non siamo fessi: sappiamo perfettamente che la situazione continua a essere assolutamente terrificante.
Non credo infatti che, solo per il fatto che lo psiconano piduista si sia dimesso, tutto d’ora in poi sarà rose e fiori.
Non credo però neanche che tirare un sospiro di sollievo, dopo vent’anni di un vero e proprio regime da parte di quell’individuo, sia condannabile. Anzi, credo sia azione responsabile, in quanto per lo meno ci siamo liberati della figura che ormai in tutto il mondo rendeva noi e l’Italia zimbelli da guardare con occhi di sufficienza e commiserazione.

Si è parlato di fine di un’era, ma mi rendo perfettamente conto che occorre un distinguo tra “fine di Berlusconi” e “fine del Berlusconismo”. È lampante che da quest’ultima, ahimè, siamo ancora terribilmente lontani. Noi, come popolo, non abbiamo mosso un dito per cacciarlo. Inutile illuderci che ci sia stato un risveglio dal torpore morale che ormai caratterizza l'Italia e gli Italiani. Non abbiamo fatto una di quelle rivoluzioni memorabili, come sono state quelle del Maghreb, nè abbiamo smesso tutti improvvisamente di votarlo.
Abbiamo festeggiato semplicemente banchettando a posteriori. E forse questo è uno dei sintomi più evidenti di un’Italia che risulta ammalata, un’Italia che non ha neanche più la forza di essere democraticamente autonoma, di avere un popolo che si indigni e si disgusti coeso per le porcate di un omuncolo che piuttosto che preoccuparsi per le sorti del Paese continua a inseguire spasmodicamente i propri interessi. Noi, cittadini, cosa aspettiamo, cosa abbiamo aspettato? Forse una mano divina, qualcosa che si prendesse cura di noi, che ci facesse trovare la pappa pronta, premasticata? Abbiamo atteso e attendiamo così, in balia del primo furbo che passa, convinti che tutto ciò che ci dice sia dogma non ritrattabile. Non siamo neanche più capaci di ribellarci, talmente siamo abituati ad avere una grande mamma che faccia tutto per noi, che ci imbocchi, e che ci faccia grandi promesse, poco importa se poi le mantiene.
Ci siamo ridotti a bestie, che accettano pedestremente le decisioni prese dall’alto: e non è un bene. Su questo, non occorre che lo scriva io, spero siano tutti d’accordo.
Abbiamo la possibilità di scegliere, ce la siamo conquistata con il sangue. Non possiamo continuare a dire, rammaricati, “tanto sono tutti uguali”, è nostro dovere imporci, esternare le nostre opinioni, discutere, pensare: non possiamo ridurci per pigrizia a mere marionette.
Se non in questo frangente, almeno prima o poi, io spero ancora che qualcosa, in Italia, si muova.

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